giringiri

#IF2013 THEN @biljaic nel social media team

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E insomma andrò a Pisa all’Internet Festival. E lo racconterò un po’, da qui e da Twitter, Instagram e Facebook: sono nel Social Media Team di #IF2013, evviva! Avevo programmato di farci un salto in ogni caso, almeno per un giorno o due. Anche se –certo– dopo la sbornia di Internazionale a Ferrara (un evento che adoro e che non perdo mai), il più sarebbe stato trovare le energie per ripetermi a una settimana scarsa di distanza. Quando ho visto il bando per il social media team l’ho trovato così “accogliente” che ho scritto l’application di getto, in un quarto d’ora. Poiché senza che l’avessi pianificato contiene molte riflessioni su comunicazione, registri, stile, online/offline, livetweeting e annessi e connessi vari, riporto qui la mia risposta alla domanda cruciale del form per l’application:

Perché dovremmo sceglierti

Dovreste scegliermi perché non so fare livetweeting, ma so fare thinktweeting. L’anno scorso al Festival di Internazionale (bravi che non vi siete sovrapposti, quest’anno!) i ragazzi delle primavere arabe raccontavano dei loro livetweeting dalle piazze nordafricane e parlavano di dieci tweet (tuit?) al minuto per ore e ore. Pensavo “non potrei mai farcela!”. Ma lì c’era la Storia da raccontare e scrivere in tempo reale.
A me degli eventi piace sì trascrivere qualche frase captata dal palco, ma commentata, interpretata, quasi spiegata. Sono un’ottima spalla ai tuittatori compulsivi, insomma, anche se non sforno dieci tuit al minuto.

Poi dovreste scegliermi perché amo gli eventi e sono una feticista del badge col mio nome al collo. E certo questi sono problemi miei, ma la circostanza è favorevole a garantirvi un entusiasmo ai limiti del ridicolo e una totale dedizione alla causa. Se l’evento è bello (e il vostro lo è), l’euforia trapela da tutti e 140 i caratteri, da ogni pixel di foto quadrata con filtro, e persino da ogni post del bruttino Facebook…

Dovreste scegliermi perché sono una teorica e tecnica della comunicazione di massa, quella cosiddetta tradizionale e quella online, anche se il confine è sempre labile. Ho studiato Semiotica a Bologna e Marketing ad Alma Graduate School, ma soprattutto coordino progetti di comunicazione per l’agenzia Kitchen, di cui sono socia da sempre e per la quale curo in prima persona i progetti di comunicazione 2.0, dal punto di vistra strategico e poi operativo.

Dovreste scegliermi anche –non solo, ma anche– perché vivo di networking e coltivo relazioni vere e fruttuose con professionisti che lavorano in settori affini al mio, ma anche con chi ha esperienze lavorative distanti. Sono responsabile della comunicazione di Generazioni, il network dei giovani cooperatori di Legacoop Emilia-Romagna, fin dalla sua costituzione nel 2007; incarico che mi ha portata più volte all’estero alla scoperta della cooperazione europea e all’allargamento della nostra rete di contatti. Conosco, apprezzo e ammiro molti “nomi noti” nel web, che mi onorano della loro amicizia (sia online sia –fortunata!– de visu): Gianluca Diegoli, Alessandra Farabegoli, Miriam Bertoli, Massimo Dietnam Fiorio, Domitilla Ferrari, Daniele Ferrari, Luca Sartoni.

Se non fosse abbastanza, dovreste scegliermi perché scrivo bene, o almeno mi impegno a farlo più che si può. Lungi dall’essere grammarnazi (amo coltivare il dubbio più che sputare sentenze), mi piace onorare la nostra bella lingua evitando formule astruse o burocrateggianti, permettendomi il lusso –senza esagerare e senza penalizzare la chiarezza– di variare il lessico, di innamorarmi di espressioni insolite e neologismi intelligenti. So adattare il registro, amo interpretare il contesto attraverso la scrittura. Sperando quindi che queste poche righe non celino (troppi) refusi, vi assicuro che non scrivo sempre in modo così scanzonato. È una libertà che mi sono presa vista la vostra briosa presentazione alla “Ricerca di componenti per il social media team”.

Riassumendo quanto state cercando, nell’ordine:

“Appassionati d’innovazione: nuove tecnologie, nuovi materiali, cinema, web series, business Start-up, cittadinanza attiva, Big Data, hackaton, comunicazione digitale e social, didattica e l’informazione, editoria e blog.”
Direi che non manca nulla, sono i “miei” temi.

“Ricorda: con fantasia e passione ognuno potrà rendere davvero speciale il proprio contributo, ed è proprio questo che ci aspettiamo!”
Potete contarci! :-)

“Sii creativo! Le cose più belle saranno riprese e valorizzate nei profili ufficiali dell’Internet Festival.”
La prendo come una promessa.

“Attento a non ‘cinguettare’ troppo spesso o con contenuti non strettamente rilevanti: un aggiornamento troppo frequente o improprio può risultare fastidioso.”
Lo dico sempre, io. ;-)

“Racconta le cose dal tuo punto di vista, esprimi le tue opinioni, mostra la tua personalità.”
Non saprei fare altrimenti…

“Sarai una voce ufficiale. Sii professionale e amichevole quando ti trovi a contatto con i visitatori del Festival.”
Un sorriso per tutti: del resto lo faccio sempre.

“Prima dell’inizio del Festival cerca di raccogliere tutte le informazioni che ritieni utili.”
Che sono secchiona l’ho già detto?

“Mettiti nei panni del visitatore: se vedi qualcuno in difficoltà, offrigli il tuo aiuto. Non sarà sempre facile capire se una persona sta visitando il Festival o semplicemente la città, ma ricordati che chi è portavoce del Festival, lo è anche di Pisa.”
Sono una normalista mancata, sarà un onore raccontare Pisa.

Credo che potrò fare un buon lavoro. :-)

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Sono stata qui a vedere ascoltare ammirare Betsy Hoover. Se siete troppo pigri per cliccare sul link (i link di questo tema sono quasi invisibili e li amo da matti), è una delle digital strategist di Obama per le vittoriose campagne presidenziali 2008 2012. L’anno scorso ad Alma avevo visto ascoltato ammirato Micheal Slaby (collega di Betsy o forse suo capo, ma siamo là). Sono bravissimi. Sono preparati e anche sorridenti. Sono lucidi e interessati (entrambi hanno confessato di capire poco la politica italiana ma di aver fatto mille domande per capirci qualcosa in questi tour europei, e io gli credo). “Più sono bravi e meno se la tirano” ha commentato Alessandra con cui poi sono andata a fare due ciarle con Betsy che ci ha salutate come se ci fossimo viste già mille volte.
Non ho una foto fatta bene di Betsy perché l’iphone fa foto orrende in cattive condizioni di luce. Questo era il soffitto dello splendido Auditorium Enzo Biagi di Sala Borsa che ammiravo ogni volta che alzavo esasperata gli occhi al cielo per:
* la traduzione consecutiva fatta benissimo da Elisabetta Tola, che però fa perdere tanto tempo e spezza i ragionamenti (gli eventi in inglese s’hanno da fare senza traduzione: l’inglese si deve sapere punto e basta);
* le domande dal pubblico che invece sono interventi e contengono termini come “suggestioni” (non fate interventi, non è un barcamp: fate una domanda secca, come quella del signore che ha chiesto semplicemente “La vostra campagna social avrebbe funzionato anche per Romney?” cui è stato risposto “No, perché noi avevamo il candidato giusto”);
* la rete 3G e la rete wifi non prendevano e non potevo condividere le riflessioni belle che stavo ascoltando durante i momenti per me morti della traduzione (santinumi! potenziate quella cavolo di wifi dell’Auditorium).
Mentre io ero a Bologna con Betsy, Slaby era a Bari dal mio amico Dino, che al solito ha scritto una minicronaca ispirata, da leggere.

La foto è di @biljaic e si intravedono anche le grottesche dell’Auditorium, che resta stupendo nonostante il wifi ballerino.

fotine

Bye Bye Betsy.

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bloggheggiando

Rimini Rimini: aspettando un anno dopo

Approfittatene, non sarò MAI più così sintetica (grazie a Massimo Mantellini e Stefano Quintarelli per l’involontaria lezione di brevitas). Certo che loro non hanno messo un corsivo introduttivo barboso… Ommamma, sto già sbagliando TUTTO.

Cose che ho fatto alla Blogfest di Rimini tra venerdì e domenica:

Assistito a un paio di discussioni interessanti: speravo di più.

Salutato vecchi e nuovi amici: evviva!

Non salutato (per ragioni di tempo e di incrocio) vecchi e nuovi amici: uffa!

Visto gente indossare i Google Glass fuori casa, per davvero no per finta.

Pranzato offerto il pranzo a Domitilla che ha detto Ma mi hai offerto già il biglietto del bus, non vale!

Pernottato in hotel “tipica accoglienza riminese” (non sto facendo sarcasmo, c’era davvero una targa così).

Aspettato invano millemila navette fantasma: e poi preso l’undici coi russi, tanti.

Rappresentato Palagruža alla Blogfest, ma devo chiedere il badge SLRP diplomacy a Gianluca per il 2014.

Ascoltato con gli occhi a cuore Mafe e Gallizio al #writecamp e osato minintervento dal palco.

Guardato solo un terzo degli Award perché ho impiegato meglio il tempo precedente davanti a una piadina spaziale con Maricler&Fabrizio (tip: agli eventi accodatevi ai foodblogger e mangerete da dio!).

Postilla, tanto ormai la brevitas me la sono giocata con l’inutile introduzione

Premiare la gente di internet (non dite l’internet: ve ne prego) non vuol dire privilegiare i nativi digitali? Le perle rare? A radio deejay serve questo premio? (E comunque ha vinto Bastonate: evviva!)
Ci ho pensato, e secondo me è un problema di candidature a monte. A differenza dei più, perdo un po’ di tempo a compilare con impegno la prima votazione, quella delle candidature spontanee. Ripenso alle battute fulminanti, spulcio Pocket (che tool meraviglioso!) alla ricerca di articoli belli e post indimenticabili salvati nell’anno precedente. Poi alla votazione vera e propria non voto per la qualità non sufficientemente alta delle candidature. La dispersione è troppa, la qualità non arriva, vincono i soliti. Ci vorrebbe una piattaforma in cui le candidature vengano proposte con metodo un po’ più wiki. Ma forse no, non val la pena. In fondo non è importante. In fondo, come dice Alessandra: siamo a posto così, davvero. (L’ANSA, ha vinto l’ANSA: non vi perdonerò mai).

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mostovi

Biljaić e altre pronunce: un post sonoro

Premessa. 1) Mai avuto una bella voce. 2) Risulto sempre più pedante del voluto e del dovuto. 3) Non so usare aggeggi di registrazione decenti né al momento voglio imparare. => Mi spiace per voi!

il bel Balkan font, da un libro che girava in Kitchen, fotografato da @biljaic

Siete scusati di tutto, davvero. Il serbocroato è una lingua poco conosciuta, e vivete bene così. Non datevi pena. Epperò chi non è scusato sono i giornalisti televisivi e radiofonici, e i telecronisti. Essendo le mie terre di sport, ci sono molti più cestisti, calciatori, tennisti, sciatori e via dicendo in –ić di quel che il numero di slavi del sud al mondo suggerirebbe. Mammasanta! quanto ci vuole a chiedere a uno Zvonimir o a un Siniša come si pronuncia il loro nome e segnarlo in redazione una volta e per sempre?

Ma voi immagino non siate “in voce” ogni giorno, ci sta che non vi siate presi la briga di chiamarmi per chiedermi una pronuncia. Allo stesso tempo, vi stufate di essere sempre nel dubbio davanti a intrichi di semivocali come Ljajic? Ecco il post scritto&sonoro che fa per voi!

La prima notizia positiva è che leggere il serbocroato è facillimo. Davvero. La regola è: trenta suoni, trenta simboli. La cattiva notizia è che questo vale solo quando il serbocroato è scritto con l’alfabeto cirillico (che non è un’altra lingua, ma solo un altro modo di traslitterazione!): ossia –oggi– solo in Serbia e altre repubbliche assurde tipo il Montenegro, credo (da nessuna parte si usa solo il cirillico, comunque: e giustamente).

Però con l’alfabeto latino il discorso non cambia molto. Sempre trenta suoni, sempre trenta lettere. Solo, qualche lettera è formata da due segni. Ecco, bravi: come gn sc e gl in italiano! Vedete che ci siete? Sapendo leggere le lettere, potete leggere tutto, perché poi non ci sono trabocchetti di sorta. L’unico dubbio potrà essere l’accento, ma voi anticipatelo il più possibile (ossia, fate l’esatto contrario di quel che fareste in italiano) e nove volte su dieci l’avrete detta bene. Pronti a sentire finalmente come si pronunciano quei segni strani? Via.

c, come calze, come reci! (di’ pure!)

č, come trapani (!), come čovjek (uomo)

ć, come ciuccio, come andrić (premio nobel!), come ćup (orcio)

dž, come džep, tasca

Update del giorno dopo: eureka! Grazie all’intuizione di Lucuqu (nei commenti, sotto) scopro e quindi consiglio il suono dr come lo direbbe un siciliano, per rendere . Un po’ come il Conte Džaaakula di AldoGiovanniGiacomo: potete ascoltarlo qui in versione 15″, al netto dei tuoni e fulmini la  si sente benissimo!

đ, come gioco, come đokovic (go, Nole, go!), come đak (alunno)

h, in teoria come hotel, come hvala (grazie), come hvar (la ibiza croata, e difatti non ci vado mai)

j, come juventus, come jaje (uovo), come Jarni (Robert, calciatore anni ’90)

š, come scemo ma molto più incavolato, come šuma (bosco)

z, come sbavare, come Zvonimir (lui, Boban)

ž, come želimir che desidera la pace ma evidentemente è nato nel paese sbagliato

Poi basta ricordare che Lj è come Gl italiano, e che Nj è come Gn. E che fanno una lettera unica, difatti il mio nome ha solo sei lettere anziché sette se scritto coll’alfabeto cirillico. Биљана. È una meraviglia, no?

La g è sempre dura, come in gatto (per la g dolce come gi e ge italiani c’è la đ!); così k suona sempre come in casa. Quindi liceo classico si scrive Gimnazija e si legge –più o meno– ghimnasia.

Ora sapete e potete leggere TUTTO. E pronunciarlo bene. Allora: via al test!

Jasmin Repeša, allenatore croato

Pelješac, penisola dalmata (l’audio è riciclato, era quello per @giuliabalugani)

Novak Djokovic (o –meglio– Đoković)

Ljuljačka, altalena

Alen BokšićRobert Prosinečki, ex iugocalciatori

Monica Seles, fu Monika Seleš

Biljana Prijić @biljaić

Tutto ciò è per scherzare, comunque. Per una trattazione seria e molto più piacevole dell’argomento seguite il tag o jeziku i tako dalje dell’inarrivabile Jadran. Se ho rotto gli indugi e mi sono messa a leggere testi lunghi nella prima lingua della mia vita, è del tutto merito suo. Puno puno hvala!

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Romagna mia.

Sono stata (e ho pure parlato) al Romagnacamp. Tre giorni che durano un attimo perché si impara e ci si diverte, e due settimane quanto a beneficio per il corpo e per la mente. Da feticista dei badge (i cartellini col tuo nome agli eventi: li venero, li annuso, li amo), sentenzio che il convegno stile soviet o minculpop (par condicio) è morto, almeno per me. Basta “Sarò breve”, fine del “Non faccio proprio una domanda ma una considerazione”. Viva gli eventi light, in cui gli organizzatori scrivono “siete abbastanza grandi per cavarvela da soli”. Eventi senza orpelli, tutto arrosto e niente fumo. Siamo una generazione che forse ha meno di quelle precedenti, ma almeno possiamo scegliere quel poco che abbiamo di donarcelo, scambiarcelo, condividerlo. A me la (slide)sharing economy piace un bel po’.
foto dal luogo dell’evento, non nei pressi, ma dall’evento proprio | da @biljaic grazie a fotocamera rediviva

giringiri

Romagna mia.

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