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Buon Natale, di nuovo

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Radovan Prijic arrivò nel villaggio del water rosa nel 1689 alla guida di 48 famiglie che verosimilmente espletavano ancora le funzioni corporali senza supporti ceramici. Arrivavano da varie tappe di una peregrinazione un po’ bellica e un po’ di sostentamento. La leggenda dice che come ricompensa per un aiuto contro i turchi gli avessero detto Fa’ un giro col cavallo dall’alba al tramonto e quel che ci sta dentro è per te e per le famiglie al tuo seguito.

Provo una pacata fascinazione per questo antenato dal nome allegro e dal volto ignoto che avrà guardato mille volte come me la Dinara da sotto in su, bruciata d’estate, innevata d’inverno, sempre battuta dal vento che soffia forte dove sono nati i Prijic. Mi chiedo spesso come fosse la vita di quelle 48 famiglie, come trascorressero le loro giornate nei luoghi che ho tanto amato e che amo ancora nonostante tutto, perché ti possono espropriare la casa e rubare la tazza del water, ma non possono toglierti i ricordi.

Quando si avvicina il 7 gennaio penso spesso che quei Prijic certamente aspettavano il loro Natale con molta più trepidazione di quanto non succedesse quando io ero piccola e avevo le idee molto confuse su tutta la questione religiosa. Andavano a messa? Si faceva di mezzanotte come oggi quella cattolica? Cosa mangiavano? Si scambiavano doni? Avevano con sé le icone tipiche del culto ortodosso? Non so nulla di loro, e non ho modo di sapere nulla di loro. Ci penso di rado, ma quando ci penso mi prende il solito nodo alla gola che non so spiegare. Si tratta di gente morta e sepolta da tempo, ma in qualche modo sono legata a quella avventura e alla scelta che fecero di stabilirsi lì, dove nasce la Krka e soffia gagliarda la bora.

I Balcani di fine ‘600 dovevano essere un posto piuttosto impegnativo da girare con vecchi donne e bambini al seguito. Il Ponte sulla Drina è ambientato a diverse centinaia di chilometri da dove sono nata io, ma leggendo quelle pagine magnifiche mi si era attaccato addosso un certo mal dei balcani come se avessi sentito il peso di quei secoli che sembrano millenni, con le dominazioni che si susseguono e le popolazioni che scoprono se è il loro turno nell’essere perseguitati, vessati o premiati.

Non sono religiosa ma sono molto spirituale, ha detto poco tempo fa una donna che ammiro molto e che è stata un sostegno prezioso in questo ultimo periodo così difficile. È un bel modo per prendere le distanze senza rinnegare un collegamento emotivo che è sciocco mettere a tacere. Non mi identifico in nessuna religione, non frequento luoghi di culto se non per godimento artistico e architettonico, ma sono nata in una famiglia di antiche tradizioni cristiane ortodosse, e verso questa eredità storica e umana provo molta tenerezza e un po’ di senso di responsabilità.

Forse Radovan Prijic sarebbe deluso se sapesse che la sua bisbisbisnipote non va a messa e non è nemmeno battezzata. Ma credo sarebbe contento nel sapere che la stessa nipote si emoziona quando pensa a quel giro a cavallo nel 1689 e immagina la sera di Natale di quelle famiglie che festeggiavano quando un’altra parte del mondo cristiano si congeda anche dall’Epifania chiudendo un pezzo importante dell’anno liturgico. Chissà cosa sapevano dello Scisma d’Oriente e della questione del filioque. Chissà se avevano vicini cattolici come avevo io da bambina, senza saperlo.

La guerra civile che ha insanguinato il paese in cui sono nata non è stata una guerra religiosa. Ma la religione è stata un simbolo di divisione “facile” e anche mediaticamente efficace per raccontare il senso di quel che un senso non l’aveva. Io sono italiana e sono nata iugoslava. Sono dalmata, sono croata e sono serba, ma non mi faccio dire cosa sono da qualcun altro, mai. Festeggio il Natale cattolico perché così ho imparato a fare nel paese dove vivo, perché anche i bambini non battezzati possono fare i lavoretti natalizi con il DAS e la pittura a tempera. Festeggio anche il Natale ortodosso, perché sono nata dove Radovan aveva scelto la sua casa e quella dei suoi discendenti, almeno fino a me e a mia sorella.

Amo fare i regali alle persone che amo. Ma quest’anno ho scelto di farne solo a persone che non conosco, dedicando questo pensiero a chi mi è stato accanto con tante carezze, persino a distanza. Ci sono tantissimi rifugiati nel mondo che cercano dove potersi sentire a casa e riavere il loro water rosa. Pochi di loro saranno ordotossi, ma del resto non lo sono nemmeno io. Eppure a tutti loro, alle persone che amo e a voi tutti auguro Buon Natale, di nuovo.

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4 risposte a "Buon Natale, di nuovo"

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