Sono stata a Bruxelles per un esame e l’ho conosciuta. La Croazia migliore, quella che vorrei prevalesse, quella che mi va bene pure se indipendente, pure se pronta ad affrontare questo duro mondo con i suoi appena quattro milioni di cittadini, su per giù quelli della sola Emilia-Romagna.
La Croazia entrerà nell’Unione Europea il Primo Luglio, nel momento in cui più lasco che mai mi appare il legame tra gli Stati Membri (che maiuscole imperanti, che lessico eurocratese!). La crisi economica, di sistema, di valori e sentimenti, e di chissà cos’altro ancora morde sempre più forte e lascia gli eurocittadini scettici sui nuovi arrivati: Ma che entrate affare?
Eppure la Croazia migliore ha entusiasmo da vendere e ha il volto di Petra, che parla cinque lingue e ha pranzato con me al parco; di Hrvoje che ha il nome più impronunciabile del gruppo ma lavora a Slobodna Dalmacija, il quotidiano che si legge a casa mia da sempre; di Ana da Vienna che come me colleziona cittadinanze; di Ines che ha il nome meno croato ma a me più caro.
Mentre prendevamo dei caffè nei pressi della metro Schuman tra una prova e l’altra delle selezioni interminabili per lavorare all’Unione Europea, ho pensato da una parte che ciascuno di loro abbassa le mie chance di essere presa, ma dall’altra che tutto sommato non è affatto drammatico fallire essendo in concorrenza con giovani donne e uomini così preparati, così cordiali e sorridenti, così consapevoli di dove sono ma soprattutto di dove vogliono andare. Per questi croati speciali non sarà importante lavorare fuori o dentro la Croazia, ma farlo con la mente libera e aperta.
È stato bello parlare il mio croato dall’accento italiano a Bruxelles. È stato bello scoprire che tutti –tutti– hanno un rapporto molto sereno con il nostro comune iugopassato, tanto da scherzare bonariamente sui pionieri piccoli che tutti sono stati, sui “cugini” sloveni che sono già nell’Unione, e sui “cugini” serbi, bosniaci eccetera che forse un giorno chissà entreranno pure loro. Ammesso che quel giorno l’Unione sarà ancora unita, sia chiaro.
A volte mi pare che ci sia ben poco da festeggiare. E il Primo Luglio, come sempre, mi prenderà quel poco di nostalgia che accomuna molte noi anime slave. Tipo una saudade lusitana, ma meno fascinosa e più odorosa di cavolo cappuccio sott’aceto. Però lo so che non è più tempo di pensare a cosa sarebbe successo se (se niente guerra, se passaggio soft al capitalismo, se niente Oluja, se divorzio consensuale stile Cecoslovacchia, se…) ma che è ora già da un pezzo di lottare qui oggi e per molto tempo ancora per valori ancora deboli di solidarietà rispetto e cooperazione. Il nazionalismo non è pericoloso perché legato alla guerra civile, ma perché danneggia le generazioni che verranno e ostacola un sano sviluppo economico.
La nuova Croazia merita di avere una possibilità, e ha bisogno di una mano dall’Europa (non tanto e non solo dall’Unione Europea, ma dall’Europa proprio, con i suoi cittadini e la sua storia) per combattere le derive nazionaliste, omofobe, razziste, fondamentaliste che covano sotto la cenere, e per scrollarsi di dosso la corruzione imperante di una classe dirigente inadeguata e spesso responsabile in prima persona di ogni nefandezza durante il periodo bellico.
Sarà dura, durissima. Ma io penso a Petra, Hrvoje, Ana, Ines e agli altri ragazzi di Bruxelles e so che per lo meno l’armata del bene è pronta. Dobrodošla, Hrvatska! E mettiti “una coperta calda addosso”.
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