È strano non poter disporre del proprio corpo. È strano non poter comandare il proprio alluce come in Kill Bill: “big toe…”. Adesso la vorrei proprio apostrofare “Desna nogo! Perché non ti dai una mossa?”.
È proprio strano non poter disporre di tutto il proprio corpo. Siamo abituati a volerlo diverso: più bello, più tonico, meno peloso, gambe più snelle, pancia più piatta, pelle più abbronzata, rughe stirate. Oggi un uomo colla gonna ha definito “burqa di carne” la chirurgia estetica. Una definizione cruda di cui non condivido il tono paternalistico, ma BridgetJones ora è irriconoscibile e be’ un po’ di effetto lo fa.
Insomma è strano non disporre di un pezzo del tuo corpo e non poter fare quello che vuoi. La corsa, le ciaspole. Partire e sapere di poter arrivare. Un percorso ad anello, mamma che bello. Correre sul far della sera, quando quella torta nuziale di San Luca ti fa da faro. Pat pat pat pat e La lingua batte nelle orecchie.
Davvero, è strano e faticoso disporre del proprio corpo nella misura che decide lui: incompleta. Perché io poi non so bene come rattristarmi. Non riesco a precipitarci fino in fondo, alla tristezza. C’è qualche strana forza che sempre mi tira su. E mi fa parlare coi matti del bus pure mentre sto andando dal dottore. Perché io non sono la volpe. E non sono nemmeno l’orso, purtroppo. Io sono la stupida capra. Una capra zoppa.
È strano non disporre del proprio corpo da un giorno all’altro. Che ti svegli una mattina e la forza e la sensibilità non sono le stesse e un motivo non c’è e se c’è nessuno lo saprà mai. O così dicono. E tu devi crederci perché non hai scelta. E invece scegliere è l’unica cosa che conta, l’unica in cui credi. Ho scelto io come e cosa sbagliare. Ho scelto di essere anche indeterminata pur di non essere determinata da altri, violenti.
La medicina per come è organizzata oggi non merita sempre la nostra fiducia. Ma tante volte non è che ci siano poi altre strade. In tutta questa confusione e fatica soprattutto mentale l’unico raggio di chiarore e chiarezza mi arriva dalle persone che ho la fortuna di conoscere. Che belli sono stati quelli e quelle che mi son venuti a trovare, che mi han chiamata persino contro la mia volontà, mi han trovato i numeri da comporre, mi han infilato cinni trilingue in casa, hanno portato ragù e polpettone mostrando scetticismo verso i maccheroncini di Campofilone sottili come capelli che invece col ragù sono sempre la morte sua, per fortuna. Mia zia Goga mi ha portato la marmellata di kiwi, per dire. Di kiwi!
È talmente strano non disporre per benino del corpo tuo tutto intero che non è mica facile abituarcisi. Biljana, è un po’ che non ci sentiamo, andiamo a camminare in montagna? Ma cert… oh no! Non sono programmata per stare male, nonostante un’adolescenza passata a letto pure nei giorni della gita scolastica a combattere la mia tonsillite cronica ma soprattutto la noia e l’insofferenza. Non sono arrabbiata e non sono nemmeno triste. Sono impreparata e smemorata. Ci vorrebbe una scuola per imparare ad accettare i propri limiti e la propria limitatezza. Ci vorrebbe la patente, ci vorrebbe.
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Ben tornata, capra zoppa. :-)
Ernie, l’orso abruzzese, ti attende da Pippo a Grottammare per il 22…
Mi abbraccerai anche se non sono la volpe?
Le volpi mi hanno sempre fatto rabbia, dai tempi in cui lessi per la prima volta le favolette di Esopo…
Un abbraccio digitale (in attesa di quello effettivo)